LA CORTE DI APPELLO

    Riunita  in  camera di consiglio l'8 gennaio 2002, ha pronunciato
la  seguente  ordinanza  nella  controversia  di  risarcimento  danni
derivanti  da  incidente  stradale,  promossa,  con atto di citazione
notificato   il  14  ottobre  1995,  dal  dott.  Giuseppe  Di  Nardo,
magistrato,  e  dalla  signora  Cimitile Cortese Antonietta, coniuge,
contro la Compagnia di assicurazioni Lloyd Italico S.p.a., con sede a
Genova, ed altri, pendente in grado d'appello davanti a questa Corte,
a  seguito  di gravame proposto dalla societa' convenuta, con atto di
citazione  notificato  il  14  marzo  1998,  avverso  la sentenza del
tribunale d'Isernia emessa il 23 gennaio 1998.
    Rilevato  che  dott.  Giuseppe  Di Nardo, magistrato, esercita le
funzioni  di sostituto Procuratore generale in questo distretto dove,
fino  all'udienza  di  precisazione  delle conclusioni, tenutasi l'11
luglio 2001, ha esercitato quelle di consigliere;
    Considerato  che,  ai sensi dell'art. 30-bis c.p.c., per le cause
in   cui  sono  comunque  parti  magistrati,  la  competenza  non  si
appartiene  all'ufficio giudiziario, ricompreso nel distretto dove il
magistrato  esercita le proprie funzioni, che sarebbe competente alla
stregua  degli  artt. 18  e  segg.  c.p.c., ma al giudice, ugualmente
competente  per  materia,  che ha sede nel capoluogo del distretto di
Corte di appello determinato ai sensi dell'art. 11 c.p.p.;
    Rilevato  che,  non contenendo la legge n. 20/1998, il cui art. 9
ha introdotto l'art. 30-bis nel codice di rito, disposizioni relative
ai  rapporti  processuali  pendenti  alla  data  della sua entrata in
vigore,  tali  rapporti, in virtu' dell'art. 5 c.p.c., che stabilisce
che  la  giurisdizione e la competenza vanno determinate in base alla
legge  vigente  ed  allo  stato  di  fatto esistente al momento della
domanda,  essendo ininfluenti rispetto ad essi i successivi mutamenti
del  dato  normativo  e  di  quello fattuale, sembrano sottratti alla
nuova disciplina;
    Ritenuto  che  l'art. 30-bis  c.p.c.  risponde  ad un'esigenza di
rango  costituzionale,  quale certamente e' quella di assicurare, con
la  terzieta'  e  l'imparzialita'  dell'organo  giudicante,  assoluta
trasparenza  alla  funzione giurisdizionale, la quale, nelle cause in
cui   e'   parte  un  magistrato,  sarebbe  offuscata,  se  alla  sua
trattazione  e  decisione  fosse  deputato un ufficio giudiziario del
distretto, in cui quel magistrato esercita le proprie funzioni;
    Rilevato   che   l'art. 111   della  Costituzione,  nuovo  testo,
prescrive, tra l'altro che ogni processo si svolge "davanti a giudice
terzo ed imparziale";
    Considerato  che  a  soddisfare  il precetto costituzionale della
terzieta'  ed  imparzialita'  del  giudice  non basta che il rapporto
processuale   venga   instaurato  davanti  ad  un  giudice  terzo  ed
imparziale,   essendo   invece   necessario  che  in  tutte  le  fasi
procedimentali  ed  i  gradi  che  percorre,  sino ad arrivare al suo
approdo   conclusivo,  esso  debba  essere  affidato  ad  un  ufficio
giudiziario  che  abbia  i  requisiti  di terzieta' ed imparzialita',
giacche'  la  proposizione  "ogni  processo  si  svolge" esprime, con
chiara  sintesi  verbale,  il  dispiegarsi  della vicenda processuale
nella completezza delle sue articolazioni;
    Rilevato    d'altronde    che,    sancendo   il   secondo   comma
dell'art. 30-bis  c.p.c.  il venir meno della competenza dell'ufficio
giudiziario,  individuato  ai  sensi  dell'art.  11  c.p.p.,  se  nel
distretto  dove  e'  ricompreso tale ufficio, posteriormente alla sua
chiamata in giudizio, il magistrato sia stato destinato ad esercitare
le  proprie  funzioni,  il  legislatore  ha  mostrato  di valutare il
principio  di  terzieta'  ed  imparzialita' del giudice prevalente su
ogni  altro,  ad esso sacrificando anche quello del perpetuatio della
giurisdizione e della competenza dettato dall'art. 5 c.p.c.;
    Considerato che la causa de qua, ancorche' promossa anteriormente
all'entrata   in   vigore   dell'art. 30-bis  c.p.c.,  deve  tuttavia
continuare  a  svolgersi, come prescrive l'art. 11 della Costituzione
"davanti  a  giudice  terzo  ed imparziale", mentre questa Corte, con
riferimento  ad essa, per valutazione ex ante, fatta dal legislatore,
non possiede piu' i requisiti di terzieta' ed imparzialita';
    Ritenuto quindi che con l'art. 30-bis c.p.c. non solo e non tanto
viene  risolto,  per  le  cause  in  cui  e'  parte un magistrato, un
problema   di   mera   competenza   territoriale,   quanto  piuttosto
salvaguardata l'essenza stessa del processo che, se non costantemente
governato  da  un  giudice terzo ed imparziale, non e' un processo ma
una  sua  finzione;  onde, se richiesto dal principio di terzieta' ed
imparzialita'    esso   deve   trasmigrare   dal   giudice   divenuto
incompetente,  per  aver  perduto  i  suddetti  requisiti, al giudice
competente,   senza  che  la  translatio  possa  essere  impedita  da
preclusioni  d'ordine processuale, cosi' come, d'altronde, accade per
l'ipotesi contemplata dal secondo comma dell'art. 30-bis c.p.c.;
    Rilevato  pertanto  che  e'  dubbia  la  conformita'  al precetto
costituzionale     di    cui    all'art. 111    della    Costituzione
dell'art. 30-bis  c.p.c.,  nella parte in cui esso non prevede la sua
applicabilita'  ai processi, in cui sia parte un magistrato, pendenti
alla   data  della  sua  entrata  in  vigore,  i  quali  resterebbero
attribuiti  ad  un giudice che la norma stessa non riconosce terzo ed
imparziale;